Quando ho cominciato il mio cammino nel volontariato, non credevo di poter dare un po’ di aiuto con un semplice sorriso.

Il primo passo in questo mondo è stato intrapreso nell’ambito di Medicina Generale presso la Clinica d’Agostino. Li la maggior parte dei pazienti è anziana con malattie per lo più senili, come ad esempio diabete, cardiopatie etc. Il mio approccio in questo ambiente è differente da quello attuale con un semplice: “Buongiorno, sono una volontaria di Bethesda, come va, sono qua per potere…”, i pazienti aprivano il loro discorso con qualche accenno alla propria malattia per poi divagare e parlare di tutta la loro vita, come un voler dimenticare il tutto dialogare semplicemente con un’amica.

L’esperienza vissuta accanto ai malati gravi nel reparto di Ginecologia Oncologica è, invece, differente. Qui le pazienti sono di ogni età e il dato che le accomuna è la malattia, la loro incapacità di eluderla, che crea in esse turbamenti interiori e molto spesso porta a un profondo senso d’inquietudine: la depressione.

L’unica arma a tua disposizione è sempre l’ascolto, però ancora più attento, gioioso, inteso anche come gesti, silenzi, sguardi, parole per fare emergere la vera personalità della paziente, non quella ormai rubata dalla malattia. Sicuramente la parola ascolto non può essere sinonimo di curiosità, superficialità, invadenza, ma solo di attenzione, umiltà e rispetto, è quel momento che arricchisce sia il paziente, che riceve una parola di conforto, sia il volontario, che riceve un qualcosa d’inspiegabile nella sfera dell’esperienza.

Così soltanto il malato, sentendosi accolto, mette fuori l’esperienza della malattia, come nel caso della sig.ra di 45 anni, che mi parla della sua vita, vista come una lotta contro la malattia, solo per veder crescere e veder realizzato il suo piccolo Nico di 2 anni.

La sig.ra di anni 52, alla cui malattia si è accompagnata anche una della sfera psichica, è una paziente che incontro spesso, immobile nel letto, con lo sguardo perso e con le mani tremanti, è bastato che le prendessi le mani per tranquillizzarla, per darle un po’ di conforto. Il dialogo ha poi portato a scoprire il suo vero problema: era quello di lasciare a casa due figli con gravi handicap fisici e un marito assente nei suoi riguardi.

La sig.ra di anni 22 è una bella ragazza con una grandissima forza d’animo, che mi ha conquistato anche per la sua giovane età, mi ha permesso, infatti, di immedesimarmi come madre, che spinge la propria figlia a raccogliere tutte le forze per vedere al positivo la malattia, ad immaginare il futuro accanto al suo ragazzo sempre vicino a lei.

La cosa più bella è questa: sentirsi dire GRAZIE, anche se poi tu non hai fatto niente, se non dare coraggio con un semplice sorriso, incoraggiando la loro voglia di sconfiggere la malattia.

Rita Maselli

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