Potermi sentire utile e d’aiuto a qualcuno è stata la molla che mi ha spinto ad avvicinarmi al volontariato, non dimenticando che potrei trovarmi anch’io in una situazione di difficoltà e sentire il bisogno di conforto.
La pazienza, l’osservazione ed il silenzio sono stati i miei primi compagni nella nuova situazione che ho vissuto, ma mi hanno anche aiutato a saper cogliere le varie occasioni di riflessione.
E’ chiaro che alle prime visite in clinica ero un po’ emozionata, ma sentendomi ben accolta ed accettata mi sono liberata delle mie perplessità.
Quando ti accorgi che il paziente ti cerca, ti aspetta, ti apre il suo cuore parlandoti della Sua famiglia, dei suoi figli, in quei momenti senti di aver fatto un passo per essere utile.
Forse all’inizio può risultare difficile instarurare un dialogo con il paziente “uomo” che per una certa forma di discrezione, ma vi posso assicurare che passato quel momento di timidezza, gli uomini sono molto disponibili al dialogo ed alle confidenze.
Giocare con un bambino, fare una carezza ad una donna come te, dare un bacio ad un nonnino, essere presente ma rispettare il bisogno di privacy dell’altro, sapersi addentrare con gentilezza nel suo vissuto, coltivare l’arte dell’osservazione, mi sono sembrati all’inizio di questo mio cammino, un gesto “diverso” nel contesto in cui mi trovavo, ma nel tempo mi sono resa conto che questa è una ricchezza che ricevo dal malato.
L’unico suggerimento che mi permetto di dare è di riconoscere i nostri limiti nel senso che, se in un momento notiamo delle perplessità parliamo liberamente con il nostro gruppo di lavoro, non diamo mai niente per scontato, esprimiamo le nostre difficoltà con umiltà: sono due interpretazioni diverse della vita noi ed il malato.
Le nostre perplessità, manifestate e condivise con il gruppo sono crescita per tutti e noi stessi scopriremo una forza nuova.
Silvana Veninato