Si…è quel famoso bambino che Alida De Donno ha descritto in quella famosa “poesia d’amore”. Hamudà ha avuto numerosi volontari alla “sua corte” , in pratica, una presenza costante nei suoi otto mesi di degenza al Giovanni XXIII. Il giorno del suo esonero ospedaliero ci fu un gran da fare nel reparto e numerose le persone a salutarlo. Il prof. Carnevale, anch’egli fra i tanti, espresse parole, oltre che di commiato, augurali all’indirizzo di Hamudà e dei suoi genitori e di ringraziamento al suo Staff, cotando la dott.sa Lillo e la Caposala Milella.

Si respirava aria mistica tutt’intorno, tutto molto bello, anche se si trattava di un distacco: Hamudà in seguito ha frequentato l’ospedale poche ore a settimana per continuare la fisioterapia, che aveva già modellato il suo corpo.

Oggi si può dire di Hamudà che è diventato bello, lo abbiamo visto seduto, lo abbiamo visto in piedi, speriamo un giorno di vederlo camminare seppure con mezzi d’ausilio.

In tutto questo è stata prevalente l’opera della fisioterapista, Sig.ra Foggetti, che molte volte, ha anche tollerato la presenza numerosa e invadente dei volontari, durante la ginnastica riabilitativa, i quali volevano seguire “minuto per minuto” i progressi di Hamudà.

Ma tutto questo è cronaca, raccontarvi quanto beneficio può aver dato ai volontari Hamudà è per me cosa ardua. Posso affermare che i benefici sono stati qualitativamente eccelsi e quantitativamente tanti, in conseguenza di ciò che possiamo, con certezza, investire molto di più nel proseguo della nostra funzione.

Oggi non sappiamo dove il destino ha condotto Hamudà.

Non viene più alle sedute fisioterapiche, i più “ostinati” sono andati anche a cercarlo a Bitonto, dove abitava: Hamudà non c’è. Sarà partito? Sarà rimasto in Italia? Chissà!?

Comunque auguri, Hamudà e tante, tante volte grazie per quanto hai dato a noi volontari.

Andrea Barretta

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