Fine anno 2019. Tra sei giorni è la Befana e in qualità di responsabile del giornale on-line, mi accingo a pubblicare il mio bilancio. Sarà un bilancio in chiaroscuro perché i giornali, oggigiorno, non li legge più nessuno… meglio Twitter, Instagram, WhatsApp! E poi c’è Facebook, che ti consente con un clic di fare il pieno di amicizie. Dove sono finite le mezze misure? E il sagace equilibrio di un tempo? Tutto estinto, preordinato, incanalato. La nostra vita è un film d’azione, non c’è più il tempo per riflettere, pensare, meditare. «…Vedrò un mondo che non mi sarà caro: estate senza fiori, mucche senza latte, donne senza pudore, uomini senza valore, conquiste senza un re…», paventa l’eroe di una saga medievale… Veniamo al punto. Da più parti, quest’anno, mi è stato rivolto un appello: “Pubblichiamo cose semplici, brevi, e, soprattutto, poco impegnative… altrimenti il giornale non lo legge nessuno!”. A onor del vero i lettori sono pochi, e per l’impegno profuso meriterebbe un’altra sorte. Mi sono chiesto: “Che cosa si può fare per stimolarne la lettura, tenuto conto che lo scopo non è riempire fogli ma suscitare riflessioni?”. La risposta è stata: “Distinguerlo dai social che, sia detto con rispetto, ‘costeggiano le rive’”. Noi dobbiamo esplorare, affrescare, approfondire le dinamiche di un mondo (il volontariato) in continua evoluzione. È importante farlo!

C’è un vuoto di senso che si oppone al conoscere, al cercare, al pensare. L’unico impegno è l’apparire.

Siamo figli di una civiltà dell’immagine, osservava Borges, dove tutto si compra e si vende… persino il dolore!

Non è soltanto l’inabissarsi del pensiero a generare mostri, ma la fede in una scienza claudicante e ammaestrata che non può spiegare tutto.

È in questa assenza di valori che s’insinua l’”ospite inquietante”, il nichilismo, pianificando prospettive suicidarie. È il tramonto dei miti, dei sogni, è il tramonto dell’uomo. Sarebbe ingiusto accusare la tecnica: i colpevoli, sia detto a fil di voce, siamo noi.

Ritornando al giornale, io mi auguro che, con l’aiuto concreto di tutti, diventi un’agorà (dal greco agorá ‘piazza’, derivato di aghéirein ‘radunare’) e che raccolga valori, proposte, esperienze atte a ‘porre la questione’ e a dare spazio all’Essere più che all’apparire. Non si tratta di fare miracoli, ma di operare su sé stessi per dar luce a una nuova coscienza. Ci vorrà tempo, certo, ma è questo il senso della vita, l’essenza del Natale. Illusioni? Vaneggiamenti di un ingenuo sognatore? Forse. Ma tutto quello che puoi fare, fallo adesso, perché domani potrebbe essere già tardi.

Sergio Ricciuti

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