L’uomo entra nella stanza, saluta i presenti e si siede sul letto; solleva lo sguardo, fa un lungo respiro e si presenta: “Piacere, mi chiamo Ettore Loverini (il nome è inventato per rispetto della privacy). Mi hanno trattenuto per accertamenti ma io non volevo…”.
“Non si abbatta…”, rispondo, “Mi chiamo Sergio, sono un Volontario di Bethesda e le offro un sorriso. E’ gratis… ne approfitti!” La battuta ha un effetto prodigioso.
“Ho ottant’anni, due figlie e molti amici… sono vecchi, ma hanno un’ottima salute. Il più saggio è Socrate, il più intimo Platone ma ho ottimi rapporti anche con Goethe, Shakespeare, Nietzsche, Dostoevskij.
Il destino, per gli arabi ‘kismet’, per i Romani “fatum” (ciò che è detto, sancito, decretato dagli Dèi), mi ha permesso di svolgere un lavoro (più che un lavoro una missione) straordinario”.
“E’ un insegnante?”
“Ero. Ora sono in pensione, ma a volte dimentico… non fraintenda, la prego, sono un uomo modesto, misuro ciò che penso, che dico, che scrivo. Se i più lo facessero l’editoria andrebbe in fumo, ma anche i talk show, le fake news…, l’arroganza di una scienza venduta al potere. Non contesto la scienza (che di per sé non è né un bene, né un male) ma vorrei che fosse libera, spregiudicata, che fosse ‘per’, non ‘contro’ l’uomo. C’è un solo modo per sottrarci al male: meditare. Quanto più il pensiero si concentra in sé, tanto più l’uomo comprende la realtà che lo circonda. Il limite dell’uomo è l’incapacità di scorgere in se stesso le cause del suo soffrire. L’uomo più debole è colui che si ribella al suo destino senza sforzarsi di conoscerlo poiché, conoscerlo, vuol dire trasformarlo. Ribellarsi al proprio destino porta il soggetto ad accusare gli altri, la Società, il sistema politico, delle proprie difficoltà: come se esistessero classi, o sistemi, o Società capaci di operare indipendenti dalle leggi del destino. Non è un grand’uomo chi sa molto, ma chi domina se stesso. Il pensiero è l’unica attività interiore che, se bene esercitata, ci porta ad affrancarci dalla natura psicofisiologica, a prender le distanze dai ‘pensieri spazzatura’. Meditare è l’unica rivolta che può salvare l’uomo, una rivolta spirituale, interiore, una rivolta che sappia attuare un cambiamento radicale del pensare”.
Il signor Ettore è un fiume in piena. “Dove insegnava?”, gli chiedo.
“Insegnavo in uno storico liceo di Bari. Ci tenevo, sa, a tirar fuori il meglio dai miei allievi…, ma ora tutto è cambiato”.
“In meglio?”. Lui accetta la provocazione e risponde.
“Sa cosa penso? Che siamo immersi nello sterco fino al collo! Non è un fatto italiano, ma mondiale. In “Fahrenheit 11/9” di Michael Moore – un film che le consiglio di non perdere – il regista si chiede: ‘Com’è potuto accadere che Trump sia stato eletto Presidente degli Stati Uniti e che Rick Snyder, l’attuale Governatore del Michigan, abbia potuto avvelenare una città (la città di Flint a maggioranza nera) con acqua al piombo? Lei sa che la maggior parte degli insegnanti americani è sfruttata, umiliata, sottopagata….? Non mi interrompa, la prego, è stato lei a scoperchiare il vaso, a scatenare gli anemoi…”. “Mi dica almeno cosa sono gli anemoi…”.
“Ma sono i venti… non conosce il greco antico?”.
“No, ma mi riservo di studiarlo in una prossima esistenza”.
“Cosa c’è da aspettarsi, mi dica, da un Paese che ha distrutto la scuola? ‘La scuola deve essere l’ultima spesa su cui l’America è disposta a economizzare’, ripeteva Roosevelt.
Cinquant’anni dopo Michael Jackson cantava: ‘Non riesco a credere che questa sia la terra da cui vengo/Lo sai che odio seriamente dirlo/[che] il governo non vuole vedere/Ma se Roosevelt fosse ancora vivo/non lo avrebbe permesso, no, no!’.
La maledizione degli uomini è che essi dimenticano.
Già Esiodo, otto secoli prima di Cristo, alludeva a una graduale e inarrestabile deriva dell’umanità che l’aveva sottratta a una condizione (l‘età dell’oro) in cui viveva felice tra gli Dèi. Nella sua Teogonia il poeta di Ascra parlava di cinque ere – di cui quattro erano contrassegnate da metalli (oro, argento, bronzo, ferro) – che scandivano le tappe di un declino. E’ colpa della tracotanza se siamo in questo stato!”.
“Professore mi faccia capire… lei sostiene che l’uomo si stia autodistruggendo?”.
“Ma è evidente signor Sergio, non ha notato il mutare del clima…, l’adirarsi degli Dèi? Come debbono dirci che abbiamo esagerato? La terra trema, i fiumi straripano, i vulcani gorgogliano e noi continuiamo ad offenderci, a deriderci, a minacciarci…”.
“Certo, certo ma lei non ha paura della morte?”.
“La maggior parte degli uomini vive come se non dovesse mai morire e muore come se non avesse mai vissuto. Quando gli uomini si levano dai loro giacigli, s’immaginano di aver scosso via il sonno, e non sanno d’esser vittime dei loro sensi, d’esser preda di un sonno… assai più profondo. Bisognerebbe temere i cattivi pensieri anziché la morte, ‘Non è detto – diceva Socrate – che vivere non sia morire e che morire non sia vivere’. La sofferenza, invece, ci permette di conoscere i nostri limiti ma solo un pazzo le correrebbe dietro!”.
“Concordo, concordo, anch’io non ho paura della morte ma preferirei non esserci quando accadrà”. “Professore si stenda – interviene un infermiere – ho bisogno di attaccarle la flebo”.
“D’accordo, d’accordo, ma mi lasci salutare l’amico. Arrivederla signor Sergio… purché non qui! La sua presenza è stata graditissima. Lei sa ascoltare, e questo, oggi, è un dono raro. La maggior parte degli uomini finge soltanto… E’ una difficile faccenda guidare il corso dei pensieri… crediamo generarli e invece fanno quel che vogliono. Lei però non si scoraggi. E ricordi: fino a quando non l’avrà domato, sarà l’inconscio a guidare la sua vita anche se lei lo chiamerà ‘destino’”.
“Lo farò signor Ettore, lo farò… arrivederla!”.
Sergio Ricciuti