Veramente non so chi abbia avuto l’idea di andare a cantare le canzoni di Natale in corsia, ma so che una bella sera di dicembre ci siamo incontrati tutti insieme con i ragazzi del coro di Santa Fara, tutti bene organizzati con una sonora pianola per i più duri d’orecchio e siamo entrati nelle corsie dell’ospedale.

Non penso che se lo aspettavano, ma c’eravamo proprio tutti: i volontari, i ragazzi di Santa Fara, le infermiere, gli infermieri, gli ammalati che per un momento hanno abbandonato il letto per andare a a vedere che cosa dare…che cosa mai stesse accadendo. E poi i parenti, gli amici dei parenti e qualche sfaccendato che si trovava di passaggio e che non manca mai nelle situazioni insolite.

Che cosa stava accadendo? Stava accadendo che nell’ospedale le corsie austere, che per abitudine, ascoltano solo parole sussurrate, gemiti e lunghi silenzi, risuonavano di suoni, di canti, di musica.

E se Natale è soprattutto dove esiste la sofferenza, penso che eravamo proprio nell’ambiente giusto.

E persino uno scettico impenitente come me per un momento, ma solo per un momento, ha intuito il segreto di lontane speranze. Poi abbiamo raccolto i ferri, e così come siamo venuti, ce ne siamo andati.

Nelle corsie sono tornati gli infermieri, i medici, i parenti, le parole sussurrate, i gemiti di tanti.

Ma forse un’eco lontana di voci diverse è rimasta ancora per un po’.

Vincenzo Cuoccio

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