Lunedì, 19 novembre 2018, Ospedale Di Venere, Reparto di Medicina, stanza n. 3.
L’uomo non attende che mi presenti: “Sono un poeta – annuncia – e studio il moto delle stelle. I pianeti sono esseri viventi. Ho vissuto sessant’anni con mia moglie, e, mi creda o no, ricordo ancora il primo giorno. Era ottobre, e complice un radioso sole le dissi ‘ti amo’ e la baciai sulla fronte. Da quel giorno il nostro amore non si è mai interrotto. Il cielo me l’ha tolta quasi da un lustro ma per me non è mai morta. Con lei ho vissuto e condiviso mille storie, mille affanni. Ci siamo amati e riamati, promessi e ripromessi e un giorno, ne sono certo, ci ritroveremo. Perché non c’è un’altra forma che si appoggi al mio cuore con quel tocco, con quell’orma…”. Il signore è un barbiere. Ha ottantasei anni, una figlia e una voglia matta di tornare a scrivere poesie. ”Ci tenevo, sa, a soddisfare i miei clienti. I rapporti, ai miei tempi, erano diversi. In primo luogo ci conoscevamo tutti, in secondo condividevamo i medesimi affanni. Oggi tutto è cambiato, viviamo in un mondo in cui l’odio imperversa e l’amore si nasconde.
Com’è possibile sfidare Dio e l’universo? I pianeti sono esseri viventi“. “Comprendo, ma non si agiti”. “Non è facile quando tutto va a rotoli…, dalla sanità alla scuola, dal debito al lavoro, dalla giustizia ai rapporti sociali, alla politica… l’unica a salvarsi è la finanza, quella stupida, sporca, scellerata finanza. Il mondo arranca, la gente stenta ad arrivare a fine mese ma i parametri di Maastricht non si possono toccare. Le pare giusto? Ma il sudario non ha tasche e prima o poi…, tutti i nodi vengono al pettine! Il lavoro mi ha permesso di conoscere a fondo l’animo umano, sicché dallo sguardo, dal tono di voce… riesco a capire il tipo d’uomo che ho di fronte.
Le racconto una storia. Un giorno, non avevo trent’anni, ero intento a tagliare i capelli a un signore. Ci tenevo a far bella figura, a non deluderlo. D’improvviso, in fondo alla sala, scorsi l’uomo che mi aveva insegnato il mestiere. Mi guardava…, annuiva…, sorrideva. Mi avvicinai per abbracciarlo ma scomparve. Riavutomi dalla sorpresa, ricordai che il mio maestro si era da tempo trasferito in America e compresi che l’immagine apparsami era quella del mio Angelo Custode. Lei crede negli angeli?”. “Si, ci credo”. “Gli angeli sono esseri senza peccato.
Ci aiutano, ci assistono, ci proteggono. Sono loro a sostenerci nei momenti difficili, a infonderci coraggio, a staccarci dalle madri. Il rapporto con l’angelo è un rapporto ancestrale, un rapporto che era prima del tempo. Lei sa che i bambini al di sotto dei tre anni hanno compagni immaginari? Io credo che una parte di essi siano angeli. Ci faccia caso: quando i bimbi sorridono e ti osservano oltre il viso vuol dire che vedono gli angeli. Anche i cani li vedono, e i gatti, i cavalli, gli uccelli… Se non ci fossero, il male ci distruggerebbe. La battaglia tra la luce e le tenebre necessita del nostro aiuto, della nostra attenzione ma noi, anziché ascoltare… preferiamo twittare. Salvo volgerci ai Santi in caso di bisogno. Non vorrei sembrarle un folle, ma ho un amico invisibile. Un amico che non mi giudica, non mi tradisce, non mi abbandona. L’unico ‘lusso’ che si concede è di essermi vicino ma lo fa con rispetto, intelligenza, senza ledere il mio arbitrio, la mia volontà. Non è aggressivo, assillante, noioso, non ama imporsi, affermare il suo punto di vista… vuole solo indurmi a riflettere”. “I demoni urlano, caro signore, e gli angeli sussurrano. Per fortuna il buon Dio ci ha dotato di un finissimo orecchio interiore. Pensi a quando varia e sorprendente è la vita quando ci sforziamo di osservarla da vicino voltando le spalle a tutto quello che ci sembra importante.
Molte cose non servono… si lasciano servire. Ma noi ci siamo così avvolti, così avviticchiati a noi stessi da non farci più domande. Siamo cinici, perversi, contestiamo ogni punto, ogni virgola, disdegniamo ogni valore. Ho anch’io una storia da raccontarle. Un giorno, tanto tempo fa, incontrai una signora. Procedeva a passo lento e rifletteva a voce alta. La salutai. Si fermò. Mi donò dei pensieri. Poco prima, a Firenze, c’era stata la strage dei Georgofili.
‘Sono anziana – mi disse – ho visto due guerre…, non vorrei ve ne fosse una terza. Ma l’uomo è sciocco, e i mostri del passato potrebbero tornare. Parlare con se stessi è un esercizio antico, un esercizio che ci aiuta ad espellere l’Ego…, a staccarcelo di dosso. Sa che potremmo trovarcelo innanzi? La vita non è che un metter ordine ai pensieri. E chi vi riuscisse, chi giungesse a governarli, come Ulisse il suo arco, avrebbe vinto la partita con la morte. L’uomo crede di generare i suoi pensieri, ma spesso è qualcun altro a generarli… da cui gli incubi, le alienazioni, le fobie. Fino a quando ci avvarremo dei pensieri altrui, le nostre ali non si plasmeranno e l’orizzonte rimarrà oltre la siepe.
Nulla facciamo che non sia magico…, se lo ricordi’. Rimasi ad ascoltarla fino a quando, dopo avermi sorriso e augurato ‘buon viaggio’, non riprese il cammino. E’ trascorso giusto un quarto di secolo da quell’incontro, e se dicessi che i suoi frutti sono stati straordinari direi ben poco.
Quel giorno anch’io, caro signore, incontrai il mio Angelo”. Il vecchio ha il volto stanco. Gli stringo la mano e mi accommiato da lui come da un padre ricordando che la massima saggezza si raggiunge sopportando sofferenze e dolori.
Sergio Ricciuti