Serata gelida, pungente, da incollarsi al caminetto. Io e il collega percorriamo a passi stanchi il corridoio della “neurologia” del Di Venere. Non dovevamo essere lì, ma il destino ha voluto cambiare le carte. Nella stanza in fondo incontriamo Giovanni (il nome è di fantasia) e, dopo le presentazioni, cominciamo a conversare. “Ciò che fate è meritorio, ci dice. Io, ad esempio, sto assistendo mio fratello, cosa che in passato non avrei mai fatto. Del resto, quando il cuore chiama, non c’è forza che possa trattenerlo”. “In che senso”, gli chiedo.
”Ho alle spalle una vita difficile, anche se non la rinnego: un uomo che non ha mai sofferto è un uomo senza storia. Frequentavo amicizie equivoche, entravo e uscivo dal carcere. Poi i debiti, l’alcool…, la droga. Avevo messo in piedi un’impresa artigianale, ma la ‘polvere bianca’ mi devastò: i debiti crebbero, i fornitori mi voltarono le spalle e iniziò il mio Getsemani. Un giorno, per un credito, mi rivolsi a un amico a cui dovevo già dei soldi. Andai da lui con la coda tra le gambe. Lo salutai. Mi salutò. Mi pregò di seguirlo. ‘Giovanni, mi disse, devi uscire da questa situazione, prima che sia troppo tardi…! Un modo ci sarebbe… ma devi volerlo: inginocchiati e preghiamo’. Non mi ero mai rivolto al Signore anche se, nel profondo, ne avvertivo la presenza. Mi dissi prova, che ti costa! Il lavoro va male, la moglie e i figli ti stanno abbandonando e gli amici…, dove sono gli amici? Così pregai, mi pentii, ripregai. Poi l’amico m’impose le mani e mi diede il Vangelo. Aprii a caso e lessi: ‘Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato. Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome (…) imporranno le mani ai malati e questi guariranno’ (Mc. 15, 16-18).
Imporranno le mani ai malati… che intendeva dire? Mi fermai a pensare, e conclusi che il malato ero io. Un malato testardo, distratto, che… rifiutava di guarire. Fui scosso da un tremito. Il pensiero si spense e precipitai nell’abisso. Ma quel giorno, lo capii molto dopo, accadde un miracolo. Era come se le porte del Tempio si fossero aperte e il mio piccolo miserabile Io fosse stato invitato ad entrare. Ringraziai l’amico, lo salutai e accettai di recarmi alla messa evangelica.
Intanto, nei giorni successivi, cominciai a interrogarmi. Volevo capire che mi stava accadendo. Ero desto o sognavo? Così scoprii che era in corso una battaglia. Forze terribili affollavano il mio inconscio. Ero distrutto, ma un senso di grazia profondo ed intenso cominciava a sottrarmi pian piano alla notte. Non che fossi senza dubbi e paure, ma… iniziavo a vedere la luce. Non siamo nati, mi dicevo, per smarrirci nell’odio, ma per unirci nell’amore.
La domenica seguente, respirando uno spinello, mi recai alla messa. L’omelia mi si attagliava così tanto da farmi sorgere il dubbio che il prete sapesse. “Perché, chiesi all’amico, gli hai raccontato la mia storia? Il tuo prete stamani mi parlava con gli occhi…”
‘Non gliel’ho raccontata’ rispose.
Lo salutai e corsi a casa con la certezza che nulla, da quel giorno, sarebbe stato come prima. Baciai mia moglie, aprii il Vangelo e lessi: ‘Quando era ancora lontano il padre lo vide e commosso gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di esser chiamato tuo figlio. Ma il padre disse ai servi: Presto, portate qui il vestito più bello e rivestitelo, mettetegli l’anello al dito e i calzari ai piedi. Portate il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato. (Lc. 15, 20-24).
Siete liberi di non credermi, ma vi assicuro che la mia storia è vera. Non ho un lavoro stabile e mi arrangio come posso, ma ho compreso che la vita è un bene prezioso. Leggo i Vangeli, frequento brava gente e quando posso do una mano al prossimo”.
“La sua testimonianza è interessante, mi permette di pubblicarla?”.
“Certo. Credo sia importante, in un momento come questo, raccontare le proprie esperienze. Non per dare risposte, ma per indurre la gente a pensare. Dio esiste, ma l’uomo deve fare la sua parte. ‘Un giorno Gesù si trovava in un luogo a pregare e quando ebbe finito uno dei discepoli gli disse: Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli. Ed egli disse loro: Quando pregate, dite: Padre, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno; dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano’. E aggiunse: ‘ (…) Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chi chiede ottiene, chi cerca trova, e a chi bussa sarà aperto’ (Lc. 11, 1-10)’”.
Sergio Ricciuti