Un anno fa ho incontrato Saverio M., anche lui felicemente in pensione come me, e mi ha raccontato della proficua esperienza che cominciava ad intraprendere come volontario di Bethesda. Poco dopo anch’io, spinto da curiosità, per scrollarmi di dosso un’apatia mista a depressione (sentimento che non mi appartiene), causata da brutti avvenimenti della vita, mi sono avvicinato all’associazione, ed è iniziato un nuovo percorso. Voglio dare un senso alla mia vita, così ho pensato ed immediatamente ho percepito lo stimolo a guardarmi  dentro e ad analizzare i miei sentimenti per farli venire fuori (dalla mia consapevole durezza  interiore ed esteriore), a considerare la malattia, le sue complicazioni e la possibilità di essere in qualche modo d’aiuto a chi è nello stato di necessità, in tutti noi aspiranti volontari c’è la forte convinzione che dare aiuto a chi ne ha bisogno ci farebbe stare meglio: mi chiedo è veramente così? Non ho l’esperienza per dirlo, ,ma le lezioni-incontro hanno evidenziato e sottolineato come comunicazione e ascolto, emozioni e sentimenti del malato, hanno importanza fondamentale per assolvere a questa missione. Sento che posso, anzi, possiamo farcela, perché la nostra umanità è forse meglio di qualsiasi medicina.

Desidero ringraziare all’arricchimento interiore, stimolato dal dialogo e dalla riflessione, il prof. Vito Scattarella e le altre persone che hanno contribuito a tutto ciò.

Francesca Bonavoglia

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