(Tu e il tuo prossimo. Unica via di comunicazione: l’amore)
Mi è stato chiesto di raccontarvi del nostro amico Thomas e vi dirò che una sera di settembre al momento della cena, la ragazza addetta alla dispensa mi chiese, come spesso accade, di aiutare un ricoverato che…era nella prima stanza…il primo letto…c’era già il suo vassoio…
Entrai salutando e sorridendo ma feci fatica a non mutare subito espressione, Thomas era nudo, sporco, con barba e capelli lunghi e incolti, unghie nere, pieno di piccole piaghe e croste e in stato di confusa agitazione.
Vi confesso che ho dovuto richiamare alla mente la frase evangelica “ogni volta che farete questo a un vostro fratello, l’avrete fatto a me” per accostarmi a lui ed aiutarlo a mangiare.
Il mi sforzo fu subito ricompensato dal suo sanissimo appetito.
Qualche giorno dopo, dalla direzione della clinica, ci fu chiesto d’intensificare la nostra presenza per cercare di rendere possibile una terapia per fleboclisi che dato il suo stato d’agitazione continua richiedeva una presenza costante.
Moltissimi volontari subito dettero la loro disponibilità e fu intessuta una stretta rete di sollecitudine e amore intorno a lui.
Dopo circa un mese aveva fatto dei minimi progressi, cominciava a fare qualche semplice domanda e mostrava un atteggiamento più tranquillo quando, da parte nostra e dei sanitari, ci si occupava di lui.
Poi, nel giro di pochi giorni, neanche i medici si spiegano ancora il perché, le sue condizioni psichiche sono tornate del tutto normali.
Grande passa parola tra volontario e volontario, infermiere e volontario, medico infermiere specializzando e volontario: Thomas mangia da solo. Thomas è senza sponde al letto e non si butta più giù. Thomas legge un periodico tedesco. Thomas si preoccupa per i ricoverati che gli sono accanto…Thomas…Thomas…Thomas.
I volti sono tutti atteggiati a una gioiosa incredulità, la soddisfazione è grande.
Il mio pensiero è che esperienze come questa basti viverle una volta nella vita di un volontario per giustificare tutto un percorso di volontariato ma, allo stesso tempo ho avuto la piena conferma che anche quando non ci sono questi tangibili riscontri, il nostro passaggio attento, sereno, partecipe nelle corsie di un ospedale distribuisce attimi di sollievo.
Teresa Macinagrossa