Quando ho iniziato il volontariato non ho portato nulla con me, solo UMILTA’: ossia quell’atteggiamento  con il quale riconosco che tutto ciò che ho, è un “dono gratuito”, la vita, l’intelligenza, la laurea e Amore quello che nasce dal cuore.

E’ questo amore che mi ha spinta verso gli ammalati.

E il mio cammino appena iniziato è sicuramente figlio di una “vocazione”. Ogni giorno che vado in reparto è come se fosse il primo giorno, davanti al letto dell’ammalato mi chiedo: ho fatto tutto quello che potevo fare? Il cuore mi spinge a custodire e a proteggere la persona che mi chiede aiuto, ad offrire la speranza per una vita oltre la sofferenza, a far capire al mio “amico” sofferente che non è solo! E’ la giusta terapia!

Quando qualcuno mi dice “non puoi immaginare con quanta freddezza sono stata trattata” capisco che vuole essere “consolato e capito” e che ha “fame di amore e sicurezza”.

Crescere insieme con i miei compagni di viaggio, essere una presenza affettuosa in reparto… questo desidero!

Ho letto da qualche parte la confidenza di “un ammalato”: “ La civiltà di una cultura si misura dalla gentilezza che esprime la necessità di avere presenze cortesi, gentili, umane”.

C’è un detto molto saggio: “Non importa quanto profondamente conosci una persona, ma quanto a cuore sta la sua vita”.

Grazie caro Vittorio! Grazie alle mie compagne speciali che mi hanno accompagnato e sostenuto.

Giulia

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