Volge ormai al termine il ciclo di lezioni di arte pugliese tenute dalla professoressa Clara Gelao presso l’Istituto Oncologico di Bari e denominato: ”Arte in Istituto”. L’iniziativa, partita da due medici dell’Ospedale con il sostegno della Direzione generale, si è rivelata di estremo interesse, non solo per i contenuti, illustrati in maniera brillante e coinvolgente con l’ausilio di diapositive, ma soprattutto per l’intento da cui ha preso le mosse, che è quello di rendere l’Ospedale un luogo ”aperto” all’esterno, che veda i pazienti interagire non esclusivamente con i parenti ed il personale sanitario, ma anche con amici e cittadini con i quali condividere l’interesse per temi che vadano “oltre” la malattia e la cura, e consentano di pensare ad “altro” nelle ore libere dalle terapie. Non si può altresì sottacere che questo è consentito solo ad alcuni pazienti, sebbene le lezioni siano trasmesse a circuito chiuso anche nelle stanze di degenza, e che alcuni di questi abbiano ritrosia a presentarsi nella sala convegni in abbigliamento poco consono ad un teatro, ma credo che, una volta avviato questo processo di permeabilità ospedaliera, si possa pervenire ad un compromesso, quale quello messo in atto dai “Donatori di Musica”, che si esibiscono negli Ospedali al cospetto di spettatori in abito “civile”, siano essi pazienti o parenti venuti dall’esterno: via pigiami e pantofole, si va a teatro. Ho ragione di ritenere che questa “spoliazione” degli abiti del malato, seppure temporanea, e l’accesso ad un buffet comunitario predisposto per il dopo teatro, possano davvero segnare una svolta nel vissuto della malattia, ed avere intrapreso il cammino in questa direzione mi sembra lodevole.

Chiara Palmisano

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